I tombaroli nel santuario dei “giganti di pietra”. Sardegna, a rischio un tesoro di 3 mila anni fa

Gli scavi sono fermi per alcune settimane e la mancanza di fondi impedisce un sistema di illuminazione e vigilanza.

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I cacciatori abusivi di reperti hanno iniziato a depredare l’areaLa mappa del tesoro è chiusa in una cassaforte dell’Università di Cagliari: nel forziere ci sono carte e ricostruzioni tridimensionali che mostrano con precisione quello che nella collina di Mont’e Prama si nasconde da quasi tremila anni. Sette mesi di scavi hanno regalato grandi sorprese ma per capire quanto fosse estesa e maestosa la necropoli monumentale nuragica ci sarà bisogno di lavorare ancora a lungo. Per ora gli archeologi sono fermi. La pausa durerà giusto poche settimane e la cosa non sarà sfuggita ai tombaroli. La prima incursione c’è già stata, perché il più sorprendente sito archeologico del Mediterraneo attira l’attenzione degli studiosi di mezzo mondo ma non solo. I cacciatori abusivi di reperti (gli stessi che hanno messo le mani in fondo a una tomba appena scoperta) ora possono fare più o meno quello che vogliono: la collina dei misteri è abbandonata e senza controllo. Niente illuminazione, niente vigilanza e neppure una telecamera che possa tenere alla larga i vandali. E così quello che il Ministero dei Beni culturali considera il più importante scavo in corso in Italia è lasciata al buio e in balia di teppisti o tombaroli.

Nella collina di Mont’e Prama, sulle rive dello stagno di Cabras, gli archeologi stanno riportando alla luce quella che doveva essere una grande area monumentale costruita più o meno ottocento anni prima di Cristo. C’era una necropoli e c’era forse un tempio circondato da grandi sculture: guerrieri, arcieri e pugilatori scolpiti con una precisione sorprendente per quel periodo. Il primo, nel 1974, l’aveva tirato fuori per caso l’aratro di un contadino e da quel momento era iniziata una campagna di studi: in cinque anni erano stati scoperti più di cinquemila frammenti e il lavoro dei restauratori ha consentito (dopo quasi 40 anni di oblio) di esporre in due musei ben venticinque statue. Le altre, compresa una quasi integra, sono venute fuori la scorsa estate. Il lavoro sarà ancora lungo, ma la zona è già deserta e buia.  

Le Università di Sassari e Cagliari, che stanno portando avanti lo scavo, non hanno più i soldi per pagare una guardia giurata e così sui tesori del Sinis nessuno veglia. Una cooperativa di vigilanza aveva proposto di fare un bel regalo alla storia della Sardegna: installare a costo zero un impianto di sicurezza con telecamere a infrarossi per scongiurare il ritorno dei tombaroli. «Tutti sembravano interessati alla nostra proposta – racconta il presidente della cooperativa di vigilanza, Antonio Curcu – Ma per installare gli impianti era necessario il parere della Sovrintendenza». Bella idea, dunque, ma a questa proposta la Sovrintendenza di Cagliari non ha neppure risposto. E ora, inevitabilmente, scoppia un nuovo scandalo.  

 L’ennesimo, dopo la polemica sulla seconda campagna di scavi che dovrebbe partire nella primavera del 2015. Il Ministero l’ha affidata a una cooperativa di Reggio Emilia e gli studiosi sardi (alcuni lavorano a Mont’e Prama da oltre quarant’anni) dovranno smontare le tende. Ma ora l’emergenza è il controllo del sito. «A Mont’e Prama la terra nasconde tantissimi altri tesori – ripete Gaetano Ranieri, il professore torinese che insegna Geofisica all’Università di Cagliari – Il nostro georadar l’ha dimostrato. Tenere il sito senza controllo è grave, ma credo che per i tombaroli non sarà facile trovare tutto quello che è ancora sepolto».  

Fonte: http://www.lastampa.it/2014/12/25/italia/cronache/i-tombaroli-nel-santuario-dei-giganti-di-pietra-sardegna-a-rischio-un-tesoro-di-mila-anni-fa-UZVLJjQZ4CTkMGstHdfitJ/pagina.html?utm_source=dlvr.it&utm_medium=facebook

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