La Sardegna, l’Italia e la svendita ambientale alle multinazionali dell’energia.

La Sardegna, l’Italia e la svendita ambientale alle multinazionali dell’energia.

Esplorazioni per l’energia

di Graziano Pintori
Sui quotidiani isolani si riparla delle trivellazioni del sottosuolo per la ricerca di gas e idrocarburi, che con eufemismo vengono presentate come esplorazioni per l’energia. Invece, le associazioni più attente e sensibili per la tutela del territorio parlano di allarme ambientale, di ulteriore violenza contro la nostra terra e i nostri mari, perpetrati da società petrolifere senza scrupoli. L’irreversibile prosciugamento delle fonti petrolifere e il conseguente razionamento del prodotto energetico, obbligano queste compagnie a investire gran parte dei propri interessi nelle trivellazioni sparse in tutte le latitudini del globo. Tali investimenti, per la logica del mercato e della concorrenza spietata, tengono alti i costi dei derivati dal petrolio, benzina compresa, per finanziare l’attesa miracolistica di vedere “zampillare” petrolio da tutti i pori della terra, inclusi quelli sardi. Oggi sono in tanti, giustamente, a ribellarsi e a protestare contro i diretti responsabili di tali scempi ambientali: si contestano i burocrati della politica che rilasciano le autorizzazioni a tutti i livelli, prive di approfondite riflessioni perchè impastoiati nell’idea che il prodotto energetico sia preminente su tutto, anche davanti a eventuali danni irreversibili. Gli esempi negativi della Sicilia, Puglia, Lombardia e Basilicata non sono mai esaustivi; non basta il dato incontrovertibile che il petrolio estratto in Italia è pari al 7% del consumo nazionale, una inezia che dovrebbe stimolare la domanda:”Ma ne vale davvero la pena abbassare gli occhi davanti all’inferno ambientale di certi luoghi della bella Lucania”? Un atto di sottomissione al Dio Petrolio per 90 euro di buoni benzina per ciascun cittadino, con l’aggravante che nessuno di loro conosce l’effettiva quantità di prodotti estratti dalle  viscere di quella terra. Una terra sicuramente più bella e ospitale della lontana e fredda Alaska, dove ciascun abitante, per metterla in termini monetari, percepisce 1100 dollari in cambio della servitù subita dalle compagnie petrolifere. L’allarme in Sardegna sulle trivellazioni, sia in mare sia sulla terraferma, è più che giustificato, vista la copiosità delle richieste presentate alle autorità competenti; viste le trivellazioni off shore nel golfo di Oristano, nel tratto di mare Cabras – Bosa per un’area di 678 Kmq, alla profondità variabile di 80 e 200 metri, mentre altre richieste sono state avanzate per il golfo di Cagliari (Permesso Nora di 470 Kmq) e per il Medio Campidano (Permesso Igia di 188 Kmq). E’ bene che si sappia che in Sardegna opera anche la Puma Energy Petroleum, la quale con le sue trivelle è presente in almeno 30 paesi del mondo con oltre 4000 addetti, è una controllata della Key Petroleum, multinazionale australiana, che ha lo scopo di trasformare in “gruviera” gran parte del suolo terrestre.. A porre un freno a tante concessioni è intervenuto, per fortuna, il D.lgs 128/2010, che contempla modifiche alle norme  in materia ambientale e allo stesso tempo facilita la pubblicità e il consumo delle energie alternative. Inoltre la costante mobilitazione delle associazioni, dei movimenti politici e dei cittadini più avveduti sui temi ambientali incalza, con la necessaria caparbietà, le amministrazioni locali, affinchè rispettino le procedure di concessione e ritengano un obbligo lo studio inerente la Valutazione di Impatto Ambientale. Esempi di superficialità e anche d’incompetenza proprio sulle procedure di tutela sono stati dimostrati da certe amministrazioni locali, che hanno ritenuto le esplorazioni sotterranee innocue ai luoghi interessati, com’è successo nel territorio di Arborea, il distretto agricolo e zootecnico più importante della Sardegna. Ho l’impressione che persista tra la nomenklatura sarda l’attesa del miracolo, cioè la speranza che accada l’impossibile, come quello di vedere tutti i sardi inzuppati nell’oro nero, nonostante la stessa attesa sia stata tradita dall’oro giallo di Furtei. Che la politica energetica sia gestita male in Sardegna e che sia asservita a interessi extra isolani, è sotto gli occhi di tutti: il programma sull’energia eolica non risponde alle attese dei sardi, il progetto Galsi è al limite del fallimento, il Sapei, l’altro elettrodotto, non ha risposto alle aspettative energetiche dei nostri poli industriali ormai al limite della chiusura definitiva, a causa dell’alto costo dell’energia, ecc.ecc.
Oggi, l’unico vero miracolo che sembra realizzarsi è quello del sultano del Qatar, il quale, nonostante i programmi di cementificazione di oasi naturali e protette, sembra indicare la vera e unica strada del riscatto economico: i sardi diventino “qatarresi” dopo un corso di lingua e religione araba, in questo contesto di novità assoluta anche i quattro mori si sentirebbero più a casa loro.
articolo del 1 gennaio 2013
Fonte: http://www.manifestosardo.org/?p=16018

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